C’è un filo invisibile che lega il Maestro Massimo Brinati al tatami. Un legame che dura da quasi sessant’anni e che non si è mai spezzato, neppure con il passare del tempo o le fatiche dell’età. Nato a Firenze il 13 ottobre 1951, Brinati scoprì il Judo quasi per caso, davanti a uno schermo televisivo, quando il Giappone ospitava le Olimpiadi di Tokyo nel 1964.
«Fu una trasmissione che mi cambiò la vita» ricorda oggi. «C’era il Maestro Ken Otani, minuscolo ma straordinario, che faceva volare il campione Nicola Tempesta, un peso massimo. Rimasi incantato: da allora ho saputo che quello sarebbe stato il mio mondo».
Iniziò la pratica del Judo nell’ottobre del 1967, alla Palestra Ginnastica Fiorentina Libertas. Avrebbe voluto cominciare un anno prima, ma l’alluvione di Firenze del ’66 aveva sommerso la palestra. «Il destino ha voluto che aspettassi un po’, ma forse è stato un bene: avevo più motivazione che mai.
Un pioniere del Judo toscano
Negli anni Sessanta e Settanta il Judo era ancora poco conosciuto in Toscana. «Eravamo pochi, adulti soprattutto. Io, a quindici anni, ero il più giovane sul tatami» racconta. «Dopo le Olimpiadi di Monaco del 1972, trasmesse in televisione, finalmente la nostra disciplina iniziò a essere più visibile e apprezzata.»
Da allora Brinati non ha più smesso. Ha attraversato decenni di cambiamenti, diventando Maestro di Judo nel 2006 e conseguendo il VI Dan, cintura bianco-rossa, nel 2010. «Sono traguardi che non si improvvisano. Servono studio, impegno, dedizione. Ma la soddisfazione è enorme: il Judo ti forma dentro.»
Per i suoi oltre cinquant’anni di attività ha ricevuto la Benemerenza dalla FIJLKAM, non solo come Maestro, ma anche come Ufficiale di Gara e Presidente di Giuria Nazionale. «La mia settimana era piena: cinque giorni in palestra a insegnare, e il weekend in giro per l’Italia ad arbitrare competizioni nazionali e internazionali. Non mi sono mai fermato.»
Il Maestro nelle scuole
Dal 2006 Brinati collabora con il C.G.F.S. – Centro Giovanile di Formazione Sportiva di Prato, portando il Judo dentro le scuole della città e della provincia.
«I ragazzi reagiscono con curiosità e stupore» racconta. «Molti non conoscono il Judo, ma ne rimangono affascinati. Non potendo sempre usare il kimono o i tatami, lavoriamo sulle cadute e sulla lotta a terra, per far capire che il Judo è prima di tutto disciplina e rispetto.»
È proprio questo il punto centrale del suo insegnamento: «Il saluto, il rei, è il simbolo del rispetto reciproco, verso il Maestro e verso i compagni. Il Judo insegna le regole della vita, non solo dello sport: il controllo di sé, la pazienza, la consapevolezza dei propri limiti.»
“Mi considero un educatore”
Negli anni Brinati ha visto cambiare i bambini e il modo di insegnare. «Una volta i ragazzi erano più preparati fisicamente. Oggi sono più digitali e meno abituati al movimento. Per questo mi considero prima di tutto un educatore: voglio che ritrovino la gioia del corpo, del gioco e del rispetto.»
Uno dei momenti più belli della sua carriera? «Quando un mio allievo, Filippo, vinse due titoli italiani Under 23. Ma la vera vittoria è vedere i miei ex allievi diventare insegnanti di Judo: significa che ho seminato bene.»
Il Judo come filosofia di vita
Alla domanda su cosa rappresenti oggi il Judo, il Maestro risponde senza esitazione: «È tutta la mia vita. È faticoso, ma non potrei farne a meno. Mi mantiene vivo, curioso, giovane dentro.»
I valori che cerca di trasmettere sono quelli del fondatore del Judo, Jigoro Kano: Ji-ta-kyo-ei — “realizzare se stessi per progredire insieme” — e Seiryoku zen’yō, “il miglior impiego dell’energia”.
«Sono principi che vanno oltre il tatami. Ti insegnano a rispettare gli altri, ad affrontare la vita con equilibrio e onestà, a essere sempre aperti al dialogo, anche con chi non la pensa come te.»
Un sogno che continua
Oggi, a 74 anni, Massimo Brinati continua a indossare il judogi ogni settimana, dividendosi tra palestre, scuole e progetti sportivi. «Lo faccio per responsabilità e per amore. Stare con i giovani mi fa dimenticare la fatica e l’età.»
Il suo sogno? «Che le scuole siano sempre più attrezzate per lo sport, e che la difesa personale diventi parte del percorso educativo delle ragazze. Sarebbe un passo importante per tutti.»
Conclude con un sorriso e una frase che racchiude una vita intera:
«Bravo, Massimo. Non mi sarei mai aspettato di arrivare fin qui, ma sono felice di averlo fatto nel rispetto di tutti. Il Judo mi ha insegnato a vivere in armonia e in umiltà. E non smetterò mai di farlo.»












