Aldo Afflitto ha compiuto 59 anni il 6 ottobre, ma la sua energia è quella di un ragazzo. Maratoneta, arbitro di calcio e di discipline come la palla grossa e l’harpastum, cintura nera di judo, atleta instancabile: la sua vita è stata ed è tuttora interamente dedicata allo sport.
“Ho iniziato nel 1972, avevo sei anni” racconta. “Correvo in pista con i miei coetanei nelle gare dei 400 metri. Da lì sono arrivato anche a correre la maratona”. Una passione, quella per l’atletica, che ha rappresentato il primo passo di un percorso poliedrico. Dopo la corsa è arrivato il calcio, prima come giocatore e poi come arbitro, intraprendendo la strada federale con l’AIA nei primi anni Novanta. Nello stesso periodo ha iniziato a praticare judo, conquistando la cintura nera e diventando istruttore.
Nel 2012 Aldo ha aggiunto un nuovo tassello alla sua storia sportiva: l’Harpastum, l’antico gioco romano, antenato del rugby e del calcio, basato su forza e strategia per controllare la palla, e la Palla Grossa. Discipline dure, di sacrificio, che richiedono passione e dedizione assoluta: “Dietro c’è sacrificio, abnegazione, passione. Entrare in quel campo di sabbia significa sputare sangue, ma anche vivere una tradizione unica”.
La decisione di intraprendere la carriera arbitrale nasce da un’esigenza di comprensione: “Volevo capire le regole. In campo non capivo le decisioni degli arbitri. Diventando arbitro ho imparato tanto: il rispetto, l’educazione, i comportamenti corretti”.
Lo sport come scelta di vita: “A 59 anni continuo a fare sport perché è la passione dentro di me. La mia vita è sempre stata nello sport. Tanti sono passati per droghe e alcol, la mia droga è stata ed è lo sport. Morirò sicuramente facendo sport: il segreto è la passione”.
Un amore che lo ha portato a girare l’Italia e l’Europa. Recentemente Aldo è stato a Brescia ad arbitrare un incontro di Harapastrum tra Neri Brescia e Augusta Taurinorum. Presto sarà di nuovo in campo per i campionati italiani, tra gli arbitri ufficiali.
I riconoscimenti più belli non arrivano dalle medaglie, ma dalle persone: “Le emozioni più grandi sono i segni di affetto dei giocatori e dei dirigenti che mi fermano per strada. Mi dicono: ‘Afflitto, ce ne vorrebbero tanti di arbitri come te, onesto come te ce ne sono pochi’. Non posso dire che i colleghi non lo siano, ma ricevere certe parole è un onore che porterò sempre con me”.
Oggi Aldo si allena ancora con costanza: “Un’oretta di corsa, poi pesi, con 4-5 sedute settimanali”. E non manca un consiglio ai più giovani: “Lo sport va fatto con passione. Senza, tutto diventa difficile. Con la passione, invece, tutto diventa facile e ti viene bene”.
La storia di Aldo Afflitto è quella di un uomo che ha fatto dello sport non solo un’attività, ma la propria vita. Una passione autentica che non conosce età.